di Marco Verdone
Gorgona, dont la silhouette évoque un visage de femme, est l’écrin d’une expérimentation toute particulière. Là, sur la dernière île pénitentiaire italienne, les détenus travaillent en contact avec les animaux, pour des résultats remarquables. Marco Verdone, vétérinaire depuis des années entre l’île et le continent, nous fait partager cette expérience surprenante, et qui pourrait fournir des idées bien au-delà de l’univers carcéral.
Ritornando la sera da Gorgona e osservando la sagoma malinconica che si allontana gradualmente dalla motovedetta che ci riporta a Livorno, penso sempre alla varia umanità che lascio sull’isola. E insieme ad essa ai numerosi animali che ho in cura da vent’anni. C’è un mondo che pulsa e che vuole vivere nell’aspirazione di lasciare quest’isola il più presto possibile. Si tratta di uomini reclusi che per vari e spesso anche assurdi motivi, si trovano a scontare una pena in uno dei luoghi più belli del Mediterraneo. Tutti i detenuti (oggi solo 65) che arrivano nell’isola di Gorgona sono stati preventivamente selezionati perché il carcere è definito “a custodia attenuata”. Una frase tecnica per significare che si lavora con un certo grado di libertà responsabile. Tutti i detenuti inoltre hanno diritto ad uno stipendio. Non è un fatto scontato perché nei carceri cosiddetti “chiusi” sono pochi i detenuti che lavorano e spesso lo fanno a turno durante l’anno. Lavorare è il primo passo per dare dignità alla propria esistenza. Inoltre vedere riconosciuto questo impegno anche sotto il profilo economico è di estremo valore. Una buona parte dei detenuti dell’isola lavora in agricoltura. Non per niente l’isola è dal 1869 una Casa di Reclusione ad indirizzo agro-zootecnico. Qui le piante e gli animali svolgono un ruolo importante nell’ambito del percorso carcerario. Si tratta di un microcosmo certo complesso, che riproduce nel piccolo dinamiche, fisiologie e patologie tipiche della nostra società, che sta fuori. È un luogo di osservazione privilegiato che ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada e di cui ho capito lo spirito solo dopo molti anni.
Un altro importante incontro durante la mia vita professionale era stato per me determinante: la scoperta della medicina omeopatica classica. Una scoperta che ha cambiato non solo la mia esistenza ma anche la mia visione del mondo. Ho compiuto una vera e propria rivoluzione copernicana ribaltando i concetti di salute e di malattia che fino ad allora mi erano stati insegnati. L’omeopatia mi ha aiutato moltissimo nel lavoro che ho svolto a Gorgona dove si allevano tutte le specie di animali domestici: vacche, maiali, pecore, capre, volatili, conigli, cavalli, asini, api e perfino le orate allevate direttamente in mare.
Introducendo e adottando sia nella cura che nella visione del mondo un approccio olistico ed energetico, si vedono le cose in modo interdipendente, in una parola in modo ecologico. Tutto è collegato ed ogni piccola parte dipende dalle altre. La salute non è mai un fatto singolo, di un solo individuo o di una sola sua parte. La salute è un fatto collettivo e coinvolge sempre le parti di “un tutto”.
Personalmente mi sono sempre preoccupato in priorità della cura degli animali malati, come è giusto che sia. Ma col passare del tempo ho capito che la salute degli animali è strettamente collegata a quella degli uomini. Il mio interesse è così passato anche alle persone e al sistema di gestione nel suo complesso. Abbiamo cercato quindi di dare più spazio agli animali, di rimetterli più a contatto con le loro esigenze di specie rispettando le caratteristiche primarie della condizione animale: libertà e movimento. Ed è un po’ sorprendente che proprio in un carcere si cerchi di dare tanta importanza alla libertà degli animali! Paradossalmente ne ricevono più nel carcere di Gorgona che in tanti altri luoghi di allevamento!
I detenuti oltre alla possibilità di lavorare all’aria aperta, in mezzo al mare ed essere retribuiti, hanno questa grande opportunità: lavorare con le piante e gli animali. Questi esseri viventi rappresentano dei compagni di lavoro straordinari per entrare a contatto con le energie della Natura e con i suoi cicli immutabili.Il prendersi cura ogni giorno delle piante e degli animali può far scoprire ai detenuti che la libertà è rispetto, armonia, non violenza e responsabilità. Che esiste la pazienza e il tempo lento dell’attesa, secondo i ritmi della natura e in proporzione alla fatica investita. E soprattutto, lavorare con altri esseri viventi può permettere di sentirsi responsabili di qualcosa o qualcuno, pianta o animale che sia, e tentare di lasciare anche un po’ di spazio per la gratuità e l’affettività.
Gorgona, poi, ha un altro particolare privilegio: può essere visitata. L’isola appartiene al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano che comprende in tutto sette stupende isole. Ma quello che è veramente interessante è la possibilità di essere conosciuta anche da gruppi “portatori d’interesse”. In pratica, il carcere si rende permeabile al mondo esterno (cioè la società definita “libera”) che può entrare ed essere guidata alla relazione con la vita interna di Gorgona.
In questo modo decine di persone (aziende, tecnici, ricercatori, cooperative sociali, ecc.) hanno potuto toccare con mano il lavoro che si svolge. Hanno potuto conoscere i detenuti, vederli lavorare, apprezzare i prodotti che nascono sull’isola (formaggi, carne, uova, vino, olio, miele, etc.) e rimanerne meravigliati. Grazie alla conoscenza diretta si capisce meglio cosa significa scontare una pena con l’aiuto della Natura che rimane sempre la nostra migliore Maestra.
In questo modo si attiva il respiro dell’isola: il rapporto di scambio e conoscenza con l’esterno che produce l’abbattimento dei pregiudizi e l’avvicinamento di mondi che prima o poi devono pur un giorno, alla fine della pena, incontrarsi. In questo senso a Gorgona si cerca di realizzare con pienezza il fine ultimo del carcere: il reinserimento nella società civile.