L’importante rivista tedesca Veganmagazin ha ospitato un articolo (il titolo che hanno scelto loro è La mia isola-carcere -quasi- vegana) dove parlo della mia esperienza umana e professionale come medico veterinario maturata nel corso di circa 25 anni essenzialmente nel carcere dell’isola di Gorgona. La vicinanza con altri esseri viventi, con quelli che diventano amici e pazienti, non può lasciare indifferenti. Con quelli che hanno accompagnato molte persone detenute durante il loro sofferto cammino carcerario. Con quelli che sono stati curati e che si sono presi cura di loro, di noi. Come medico veterinario mi sono chiesto che senso avesse curare nel miglior modo possibile i miei pazienti – addirittura con l’aiuto anche della medicina omeopatica – e poi vederli condurre alla morte, senza possibilità di appello e senza una riflessione critica sulla sacralità della loro vita.
Solo perché li abbiamo arbitrariamente classificati come “animali da reddito”? Solo perché abbiamo fatto sempre così? Solo perché è più facile dire si che dire no? Solo perché giuridicamente è possibile uccidere mucche, maiali, pecore, capre, galline, conigli…? Dove è finita la nostra coscienza? Da che parte vogliamo stare? Come risolviamo il conflitto etico-professionale che ci imbriglia nella catena dello sfruttamento e poi della morte? Come possiamo rieducare qualcuno uccidendone un altro? Con l’aiuto di quegli animali e di tante persone che hanno conosciuto questo microcosmo, ho deciso di non mangiare più i miei pazienti e di curarli fino in fondo rimuovendo gli ostacoli che impediscono il pieno svolgimento e realizzazione della loro esistenza. Per questo motivo migliaia di persone chiedono alle massime cariche dello Stato (Leggi QUI l’Appello) che venga portato a termine il “Progetto Gorgona” (chiudendo il macello e riconvertendo le attività zootecniche in percorsi ri-educativo-relazionali) affinché diventi un’esperienza da conoscere e da esportare come Sistema-Paese. L’interesse che ha mostrato Veganmagazin testimonia proprio questa direzione. Naturalmente le parole hanno bisogno di immagini per acquistare forza e credibilità e quelle della giornalista e fotografa di Salisburgo Rachele Z. Cecchini, venuta più volte sull’isola a documentare animali, piante, persone e paesaggi, non potevano che essere la scelta migliore.
Ps. la vitella a destra dell’umano si chiama Giorgia, quella a sinistra Alexandra. Di entrambe, ad oggi, non sappiamo che fine abbiano fatto: vive, morte, macellate, vendute, salvate…