Nell’umano si agitano pulsioni opposte, come testimoniano azioni conseguenti: a volte l’incontenibile tensione nel causare morte atroce di animali innocui, cuccioli e adulti, altre il desiderio altrettanto impetuoso e indomabile di generare guarigione, accudimento, vita, in soggetti anche deboli e a rischio, che in natura sarebbero selezionati da malattie che non potrebbero, da soli, sostenere e risolvere. Nel novembre scorso una colonia felina del Valdarno (Firenze), composta in circa trentacinque gatti, di cui alcuni nati da poco, è stata sterminata per mezzo di bocconi avvelenati rilasciati durante la notte. I gatti erano stati nel tempo abbandonati e trovavano riparo nel bosco, da dove emergevano per avere del cibo da chi, volontariamente e regolarmente, a proprie spese, desiderava aiutarli nella loro non facile ricerca di sopravvivenza. Si avvicinavano quindi esclusivamente per mangiare e ricevere qualche carezza da chi conoscevano e li accudiva. La stessa persona la mattina seguente li ha trovati morti avvelenati, o ancora agonizzanti vicino alla sua casa. Troppo tardi per intervenire.
Questo è l’ultimo caso di cui siamo a conoscenza, ma quella dei bocconi avvelenati è una piaga diffusa, a danno di soggetti che possono essere i più disparati, secondo gli intendimenti, i luoghi e le stagioni. Competente nel merito è il Corpo Forestale dello Stato, a tutela del territorio in senso ampio ed è a tale comparto che occorre rivolgersi per segnalare avvelenamenti che, come ricaduta, interessano tutte le risorse agro-ambientali, il patrimonio faunistico e naturalistico nazionale.
Chiunque sappia di tali atti criminosi, può (dovrebbe!) denunciarli specificando tutti i particolari che gli siano noti. Possiamo dare un tocco di sentimento alla vicenda sopracitata e dedicare agli amici che furono i nostri pensieri più luminosi, ma la questione è molto terrena e preoccupante, data la forza della violenza che quotidianamente gli animali, nei modi peggiori, devono subire dall’uomo. Vada la nostra riflessione a questo delirio di “proprietà” e “uso” che l’uomo si è auto legittimato ad attuare.
Mentre Mr. Hyde agisce nottetempo in un bosco nebbioso come nel romanzo di Stevenson, in altro luogo lavora alacremente Dr. Jekill… per meglio dire una “dottoressa”….. che chiameremo Candida, nella sua veste di umana.
Incarnazione dell’agire limpido rivolto al bene altrui, di una vita intessuta di sentimento e armonia, dei suoni del bosco anch’essa. Stavolta non oscuro bensì esuberante di luci, colori, profumi, cinguettii, abitato da mille abitanti notturni e diurni, sempre rispettosi e dialoganti fra loro: Vita allo stato nascente e puro. Luogo magico, sospeso nel tempo e come protetto da un’aura di accoglienza, fra verdi prati e alberi con fronde parlanti al vento; dove gli amici che per vecchiaia o gravi malattie sono andati altrove riposano all’ombra di sempreverdi, fiori e frutti di melograno, piante dai tronchi antichi illuminati dal sole e dalla luna che, qui, partecipano alla Festa di ogni nuovo giorno. In questo scenario lei si muove con leggerezza, attenta e presa da tutta questa bellezza assieme. Cammina per vialetti e casette ove alloggiano gli ospiti, vigilando che a ognuno siano assicurati benessere e tranquillità. Un rispetto infinito, un amore grande, guidano i suoi pensieri e azioni, rendono forte e immutabile la sua determinazione per questo compito, al quale ha improntato l’intera esistenza.
Qui un giorno sono arrivate loro: occhioni ambrati e lucenti, movimenti aggraziati, voci sottili e timide… due giovani gatte randagie. Forse sorelle, certamente compagne, si sono accasate nelle vicinanze cercando un riparo ove dare alla luce tredici gattini: uno diverso dall’altro per il colore del manto, chi più grande o minuto, più fiducioso o indagatore, tutti bellissimi e tutti con gli occhietti rovinati dalla malattia. Le gatte sono amorose, hanno sguardi aperti sul mondo, ignare di ogni cattiveria; coni di luce nella quale tuffarsi e lasciarsi portare in un mondo migliore. Buone madri, hanno intuito che lì i piccoli avranno una chance perché loro, con tutto l’amore che hanno da dare, non possono contrastare la malattia.
Candida prende l’intera famiglia al rifugio e inizia un rituale fatto di molti turni regolari fino a tarda sera, allo scopo di curare i cuccioli e dare luce ai loro occhi. Non per tutti questo è possibile; in alcuni i danni sono troppo avanti e non potranno più vedere; forse solo delle ombre….. Tuttavia lei continua il percorso, per tutti, come se nei cestini/cucce vi fosse un unico grande e dolce gattone da salvare e riesce, quasi completamente, nel lavoro.
Oggi i piccoli sono guariti e felicemente adottati. Solo tre hanno ancora bisogno di cure e forse resteranno con lei o con qualcuno che vorrà adottare più che mai col cuore queste creature speciali, che incuranti della sfortuna vivono, si esprimono, giocano, si relazionano con la leggerezza e spontaneità di un essere la cui vitalità naturale supera completamente qualsiasi limitazione.
Creature che è emozionante accarezzare e comunicano ancora più delicatamente fra loro e con l’uomo, che il destino/caso/karma o ciò che sia hanno condotto a casa di Candida, dove hanno avuto l’opportunità di un percorso sereno.
Questa è il racconto di un mondo che vorremmo accogliente, sempre, per tutti i nostri Amici. Diamo le nostre energie, regaliamo le parti migliori di noi per renderlo possibile, perché sia “normale”, quotidiano, dignitoso per tutti.
Così facendo toglieremo spazi agli intenti nefasti, ai pensieri oscuri e furtivi, perché essi non troveranno più linfa, né saranno mai più tollerati o possibili e l’insidia di animi senza pace scomparirà per sempre perché inondata di Luce.
Buona Vita a tutti voi, piccoli batuffoli meravigliosi.