IL MONDO HA DEI PROBLEMI… MA PER TUTTI I PROBLEMI CI SONO DELLE SOLUZIONI
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DECRESCITA
La Decrescita (DEL PIL): passare da una politica che ha come obiettivo il far aumentare il PIL diminuendo il benessere dei cittadini ad una politica che mira ad aumentare il benessere dei cittadini non del PIL.
Cosa hanno in comune l’alluvione del Veneto, il terremoto d’Abruzzo del 2009, la marea nera nei mari della Louisiana del Giugno 2010, l’uragano Katrina del 2005, le alluvioni del Brasile del marzo 2010? Queste catastrofi comportano un significativo incremento delle merci scambiate con denaro e quindi, inevitabilmente nel tempo, un incremento del Prodotto Interno Lordo ( PIL). Sembra assurdo, ma disastri simili migliorano l’indice che la Politica utilizza per convincere i popoli di quelle stesse nazioni che in esse si vive meglio. In realtà il PIL è un indicatore ormai sterile che non tiene conto di molteplici elementi che sono poi il vero cardine dello “star bene” di un popolo.
Nel PIL non si conteggiano, per esempio, le cure che le famiglie prestano ai propri anziani o quelle della mamma rivolte al proprio figlio. Non include il lavoro casalingo e il volontariato. Non considera quei beni donati, barattati, riciclati e aggiustati.
Non tiene conto della qualità dei rapporti tra le persone. Non misura la “felicità” dell’uomo.
Robert Kennedy, nel 68 diceva: Non possiamo misurare i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute, della qualità dell’educazione o della gioia dei momenti di svago. Non comprende la bellezza della poesia o la solidità dei valori familiari, o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti, o la giustizia nei nostri tribunali. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Alla luce della presa di coscienza che il PIL non è più un indicatore sufficiente a misurare le performance di una nazione evoluta, come potrebbe essere un qualsiasi Paese d’Europa, alcuni tecnici stanno cercando di definire un nuovo parametro:
il BIL, Benessere Interno Lordo.
Il BIL è un indicatore che cerca di misurare la qualità della vita dell’uomo e della comunità in cui vive. Nella sua definizione si considerano le condizioni di vita materiali, l’aspettativa di vita, il tasso di iscrizione universitaria, la partecipazione alla vita politica, l’ambiente, il tasso di criminalità e i rapporti sociali.
Un incremento del PIL spesso si traduce in una diminuzione del BIL. Ad esempio, si può avere un alto prodotto interno lordo in una zona con alto tasso di criminalità, fattore che deprime il BIL. Il BIL locale è una sfida per quei sindaci che si vogliono distinguere dal qualunquismo politico degli ultimi decenni. Una sfida che certamente permetterebbe di pianificare una più sana politica comunale basata sulla sobrietà, sulla creatività, sul buon senso e sul buon gusto. Dimenticavo, anche star fermi in coda un paio d’ore con la propria auto o fare un incidente incrementa il PIL, facendo sì felice qualche politico romano, ma non voi e quindi: De-PIL-iamoci!
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TRANSIZIONE
La Transizione propone una via per evitare la crisi energetica che sta per travolgerci! Il petrolio è sempre di meno e costa sempre di più, non possiamo più permetterci di contare sul petrolio per i nostri bisogni. La Transizione è un movimento culturale impegnato nel traghettare la nostra società industrializzata dall’attuale modello economico profondamente basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza e benessere sociale, ma i metodi e i percorsi che la Transizione propone vanno ben oltre questa prima definizione permettendo una ricostruzione del sistema di rapporti tra gli uomini e gli uomini e tra gli uomini e il pianeta che abitano, riorganizzando la propria esistenza in un mondo in cui il petrolio non fosse stato più economico e largamente disponibile.
COM’È IL NOSTRO MONDO?
L’economia del mondo sulla base di una grande disponibilità di energia a basso prezzo ottenuta da petrolio, carbone, gas. Il nostro sistema di consumo si fonda sull’assunto paradossale che le risorse a disposizione siano infinite. Questo ci porta verso il riscaldamento globale e la fine delle risorse, prime tra tutte il petrolio, una combinazione di eventi dalle ricadute di portata epocale sulla vita di tutti noi, con altri effetti come inquinamento, distruzione della biodiversità, iniquità sociale, mancata ridistribuzione della ricchezza, ecc. La crisi petrolifera appare però la minaccia più immediata.
RESILIENZA
La Resilienza è la capacità di un sistema, di una specie, o di una organizzazione di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, che provengono dall’esterno senza degenerare, una sorta di flessibilità rispetto alle sollecitazioni. La società industrializzata è caratterizzatada un bassissimo livello di resilienza. Viviamo tutti un costante stato di dipendenza da sistemi e organizzazioni dei quali non abbiamo alcun controllo. Nelle nostre città consumiamo gas, cibo, prodotti che percorrono migliaia di chilometri per raggiungerci, con catene di produzione e distribuzione estremamente lunghe, complesse e delicate. Il tutto è reso possibile dall’abbondanza di petrolio a basso prezzo che rende semplice avere energia ovunque e spostare enormi quantità di merci da una parte all’altra del pianeta.
È facile scorgere l’estrema fragilità di questo assetto, basta chiudere il rubinetto del carburante e la nostra intera civiltà si paralizza. Questa non è resilienza. I progetti di Transizione mirano invece a creare comunità libere dalla dipendenza dal petrolio e fortemente resilienti attraverso la ripianificazione energetica e la rilocalizzazione delle risorse di base della comunità (produzione del cibo, dei beni e dei servizi fondamentali). Lo fanno con proposte e progetti incredibilmente pratici, fattivi e basati sul buon senso. Prevedono processi governati dal basso e la costruzione di una rete sociale e solidale tra gli abitanti delle comunità.
Nascono così le TRANSITION TOWNS (oramai centinaia), città decidono di prendere la via della transizione, che è un metodo facile da imparare, riprodurre e rielaborare, e quindi contagioso. Possediamo tutte le tecnologie e le competenze necessarie per costruire in pochi anni un mondo profondamente diverso da quello attuale, più bello e più giusto. Le crisi profonde che stiamo attraversando sono in realtà una grande opportunità che va colta e valorizzata.
Il movimento di Transizione è uno strumento per farlo.
www.transitionitalia.it