L’uomo che sussurra ai carcerati l’amore per la libertà
di Federico Taddia
“La Stampa” del 24 dicembre 2012
«La vigilia di Natale vado sull’isola per portare il mio augurio e una parola di affetto agli ultimi tra gli ultimi: gli animali e i detenuti». E così anche oggi, come succede tre volte alla settimana da 22 anni, Marco Verdone, veterinario cinquantenne di Pisa, attraverserà in motovedetta le 18 miglia di Mar Tirreno che separano Livorno da Gorgona.
Ad aspettarlo quaranta mucche, centocinquanta tra pecore e capre, venti maiali, una mezza dozzina di cavalli, centocinquanta galline, una quindicina di famiglie di api e i settanta condannati a titolo definitivo che vivono all’interno della casa di reclusione. Una sorta di carcere modello situato in una delle perle naturalistiche del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano: dove non esiste il problema del sovraffollamento e dove a tutti i detenuti è garantito un lavoro e uno stipendio. Ma il carcere di Gorgona è soprattutto un laboratorio di vita a cielo aperto, basato su un nuovo rapporto tra uomo e animale, che Verdone ha ideato, sperimentato e raccontato nel libro «Ogni specie di libertà» (Altreconomia), destando interesse e curiosità in tutta Europa. «Lo scopo è quello di creare persone migliori e offrire a loro motivi di speranza, proponendo modelli di relazione che si basano sul rispetto dei diritti degli altri», spiega il veterinario. E poi: «Tutto questo lo si può ottenere, e lo si sta ottenendo, grazie agli animali, che sono esseri viventi intelligenti, con emozioni, che chiedono di metterti in gioco ma senza giudicarti. E per un condannato potersi aprire a chi non dà giudizi è occasione per acquisire sicurezza e consapevolezza». I detenuti si fidano di questo bizzarro dottore che pretende che ogni animale abbia un nome per farlo diventare titolare dei 36 diritti riassunti nella «Carta dell’isola di Gorgona». E lo ascoltano mentre cura vitelli e agnelli con l’omeopatia parlando di libertà, etica, benessere ed emozioni.
Facendosi così coinvolgere in questo percorso insieme alla mucca Valentina, al toro Rosso, alle capre Concetta e Bianchina e a tutti gli altri maiali, vacche e cavalli compagni di vita e detenzione. «Sull’isola c’è la possibilità di scoprire il valore degli altri, in questo caso animali, al di là di quello che producono», aggiunge Verdone. «Relazionarsi con loro vuol dire mettersi in ascolto e in discussione, sperimentare nuove personalità, riuscire a comunicare serenità, fiducia e senso di responsabilità. Grazie alla varietà delle specie presenti ogni detenuto viene messo nelle condizioni di trovare una risposta alla proprie esigenze».
Come spiega Claudio Guidotti, recluso a Gorgona nel 2007, e destinato a mansioni diverse, prima nella stalla dei bovini, poi nelle gabbie dei conigli fino alle api e alle orate nell’allevamento in mare aperto. Il vero feeling è però scattato solo con Miele, un incrocio tra un pastore tedesco e maremmano dal carattere ribelle: lui era l’unico che riusciva a tranquillizzarlo, ad entrare nel suo recinto per portargli da mangiare e ad accompagnarlo a fare lunghe passeggiate. Una simbiosi così stretta e intensa che lo scorso anno, a pochi mesi dal «fine pena», Guidotti ha chiesto di rinunciare agli ultimi 45 giorni di liberazione anticipata per poter accudire il cane fino all’ultimo istante possibile.
«A causa dei tagli che hanno colpito drasticamente il sistema carcerario – conclude Verdone – da sei mesi non vedo un euro di stipendio, anche se una sentenza del Giudice del lavoro di Livorno ha stabilito che debba essere preso in carico dal Sistema sanitario regionale. Questo però non frena il mio entusiasmo e il mio impegno: gli animali hanno bisogno dei detenuti e i detenuti hanno bisogno degli animali. Quello che succede a Gorgona è rivoluzionario, un miracolo tra anime recluse ma che su quest’isola sono più libere».