Finalmente una carta dei diritti degli animali
di Fabio Balocco | 28 novembre 2012
Il Fatto Quotidiano
Marco Verdone è dall’anno 1989 il veterinario responsabile presso il carcere dell’isola di Gorgona, nell’Arcipelago Toscano. Voi vi domanderete cosa c’entri un veterinario con un carcere. Un medico, sì, ma un veterinario?
C’entra, eccome, visto che quello di Gorgona è un carcere del tutto anomalo, in cui idetenuti sono di massima tenuti a svolgere compiti all’aria aperta, nella campagna circostante, in cui si esercitano, tra le varie attività anche quelle agricole e di allevamento di animali.
Ma non solo è un carcere è atipico nel quale effettivamente si tende alla rieducazione del condannato (art. 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), ma anche Marco Verdone è un veterinario atipico. Un veterinario che ha sperimentato sul campo la possibilità di curare gli animali con l’omeopatia e che soffre se vede avviare una mucca, un maiale o un qualsiasi altro animale al macello.
Ed è grazie a questa sua sensibilità che a Gorgona si è sviluppata una attenzione inedita verso la vita ed il destino degli animali che vengono allevati, ed è questa sua sensibilità che l’ha determinato a scrivere un libro singolare, unico nel suo genere: “Ogni specie di libertà: carta dei diritti degli animali dell’isola di Gorgona.”
Nella nostra società sempre più individualista qualche voce si chiama fuori dal coro. Il prendersi cura degli altri, l’I care anglosassone, non è così raro. Ma spesso e volentieri esso è limitato ai nostri simili. Invece Marco Verdone invita ad occuparsi degli animali, ed in particolare di quegli animali che “servono” l’uomo, che gli forniscono da vivere, con brutta locuzione chiamati “animali da reddito”. Invita ad immedesimarsi in essi per applicare in buona parte il motto di “non fare agli altri ciò che non vogliamo sia fatto a noi.”
Ma questo processo indicato da Verdone non ha un senso antropocentrico, l’uomo non si cura degli animali perché gli possano produrre un latte o delle uova migliori, ma perché gli animali hanno valore e dignità in se’ e in quanto “esseri senzienti”, soggetti che provano dolore ed altre emozioni esattamente come noi, ed esattamente come noi anche pensano, seppure in modi diversi.
Ma trattare gli animali in modo diverso, nel caso della Gorgona, ha anche comunque un risvolto umano: quei detenuti che si prendono cura degli animali, contribuendo a salvare loro la vita, non solo fanno stare meglio gli animali stessi, ma intraprendono anche un cammino di crescita e di consapevolezza interiore, come è dimostrato da uno egli interventi che accompagnano la Carta dei diritti, redatto da un ex detenuto.
Insomma, un’opera quella di Verdone unica nel suo genere e da prendere ad esempio ovunque. Con un profondo significato non solo animalista, ma anche ambientale ed ambientalista. Solo in Italia simacellano ogni anno, dopo che hanno trascorso una vita “disumana” in allevamenti intensivi, più di mezzo miliardo di animali, quasi un milione e quattrocentomila individui uccisi ogni giorno (con tutto quello che questo comporta anche in termini energetici e di spreco di risorse). Ha un senso tutta questa carneficina? L’uomo deve alimentarsi davvero così, ed alimentare questo massacro? Non vivremmo meglio anche noi ripensando il nostro modello di vita a partire proprio dalla relazione con soggetti deboli, appartenenti a specie diverse dalla nostra ma ineluttabilmente connessi con le nostre esistenze?