Il respiro di Gorgona. Carcere e lavoro nella parole di Marco Verdone
Alla Feltrinelli di Pisa la presentazione del nuovo libro del veterinario omeopata, tra racconto, reportage, riflessioni sul ruolo degli animali nella riabilitazione dei detenuti
È difficile raccontare il carcere dall’esterno. Eppure, la testimonianza di Marco Verdone rappresenta un caso riuscito di reportage da quell’ “altro” mondo. Veterinario omeopata, Verdone racconta la sua esperienza sull’isola-carcere della Gorgona, realtà complessa e difficilmente riducibile ad altre, nella quale l’ausilio della terra, delle piante, degli animali rappresenta un momento determinante del recupero dei detenuti.
Nel piccolo chiostro della Feltrinelli di Pisa, Verdone ha esposto alla “devota” attenzione dei presenti le immagini dell’isola, degli animali che la abitano e consentono la sopravvivenza di quelli che la vivono. Immagini che rispondono a un’esigenza di rappresentare il piccolo miracolo rappresentato dall’esperienza carceraria nell’Isola di Gorgona. Sono gli animali gli incontrastati protagonisti delle parole di Verdone. Compagni fidati di vita, e “pazienti” del medico che da sempre li sottopone a un preciso regime omeopatico: “l’omeopatia consente di gestire i conflitti”, afferma seraficamente Verdone.
E i fatti gli danno, da sempre, ragione. Negli anni si è arricchito l’approccio terapeutico, si è risparmiato, si sono rispettati gli animali, i consumatori, l’ambiente in generale, e si sono stabiliti rapporti di amicizia e di scambio con realtà esterne al carcere. Condizione quest’ultima fondamentale che ha consentito a numerosi detenuti di trovare una collocazione lavorativa una volta esaurito il debito con la giustizia.
Quelle di Verdone sono storie di giovani e meno giovani che incontrano un mestiere umile e complesso come quello del “casaro” o del norcino, e che lo imparano con devozione e, spesso, con una forma di sconosciuto talento. Trovano una dimensione in quel laboratorio appartato e inconsueto che è l’isola e, infine, ritrovano il mondo.
“Il respiro di Gorgona” (Libreria Editrice Fiorentina) è l’occasione per dimostrare attraverso gli aneddoti, i ricordi, le storie, come l’animale possa essere una sorta di “educatore”, un veicolo attivo di virtù, un elemento non più neutro e sconosciuto, bensì il polo di una dialettica che ricollochi l’uomo all’interno di una sua dimensione specifica, e non al di fuori di essa. “Troppo spesso ai giovani tori si tagliano le corna, per evitare incidenti agli allevatori, e così si sottrae all’animale il suo contatto con l’Universale, con le forze vitali esterne. Nell’isola di Gorgona gli uomini non tagliano le corna ai tori”.
Ma qual è la vera finalità di tutto il lavoro e della sofferenza che connotano la vita nel carcere? La risposta è nella storia del detenuto che impara l’arte del caglio e diventa, inconsapevolmente, un abilissimo “casaro”. Durante uno dei molti incontri organizzati dalla struttura carceraria con realtà lavorative esterne al carcere stesso, il detenuto incontra il produttore di un noto caprino del Greve in Chianti. Nasce un’amicizia. Il produttore ha scoperto un talento. Il detenuto trascorre il primo permesso fuori dall’isola nell’azienda del suo nuovo mecenate. Quando uscirà dal carcere, verrà assunto.
Verdone, durante una presentazione che spesso ha rasentato la commozione, ha chiuso affermando “il senso del carcere dovrebbe essere proprio questo: non un punto d’arrivo, ma un punto di partenza”.
Lo abbiamo umilmente avvicinato, per sigillare la nostra piccola scoperta con alcune sue battute.
Cosa significa in Italia oggi essere un veterinario omeopata?
Oggi c’è una coscienza molto più elevata rispetto a quelle che vengono definite le medicine “non-convenzionali”. Essere omeopata vuol dire aver acquisito alcuni strumenti di lettura dei fenomeni relativi alla salute e alla malattia, ma anche di lettura dell’ecosistema in generale, che consentono di capire dove siamo, dove stiamo andando, e dove il nostro intervento terapeutico sta conducendo. Un cammino di salute che viene fatto in modo illuminato, attraverso regole e sostanze non inquinanti, non violente, non repressive, economicamente sostenibili.
Questo ti ha creato problemi a livello professionale?
No. In Gorgona all’inizio c’era un po’ di resistenza. Poi, grazie a un direttore straordinario e disponibile, tutto è stato più facile. Abbiamo risparmiato, non abbiamo inquinato, abbiamo creato relazioni. L’omeopatia ha condotto con sé innumerevoli benefici.
Senza voler banalizzare, l’omeopatia è stata anche un buon affare.
Certo, e lo è in tutti i luoghi nei quali essa è applicata. Oggi gli allevatori vivono un momento di sensibile crisi: risparmiare alcune migliaia di euro fa la differenza tra chiudere e non chiudere.
La Gorgona è, secondo le tue descrizioni, una sorta di società in piccolo.
La Gorgona è un’isola che storicamente ha vissuto un grande isolamento. Ha dovuto trarre il sostentamento necessario dalle proprie risorse. E in questo si è sempre organizzata egregiamente. Aveva la fortuna di avere l’acqua, ma la pesca, l’agricoltura, l’allevamento, e tutte le altre attività che caratterizzano una comunità dovevano necessariamente essere svolte in loco. Con l’arrivo del carcere, a questa dinamica si è aggiunto il rapporto tra sorvegliante e detenuto, che qui ha sempre avuto un carattere particolare. È una sorta di metafora della vita, qualcosa che riguarda profondamente a tutti noi, poiché la dimensione del carcere, in una misura variabile, ci appartiene.
Fonte: pisanotizie.it