La storia di Gea è una storia bellissima; per prima cosa perché ha un lieto fine e poi perché intorno a lei si sono incrociati i destini di tanti altri animali e di tante persone.
INFORMATORE COOP
Aprile 2012
di Silvia Amodio
Gea è nata a Gorgona, quell’isoletta di fronte a Livorno lunga 3 chilometri e larga appena 2, a molti nota anche per la presenza della colonia penale, realizzata nel 1869 come succursale di quella di Pianosa. E la piccoletta in questione, suo malgrado, è nata proprio in carcere.
Ma andiamo per gradi. Marco Verdone, dal 1989 è il veterinario del carcere dove, insieme ai detenuti, si occupa di una fattoria un po’ speciale.
Nel corso di questi 20 anni, Marco si è occupato di tante cose ma, soprattutto, del benessere delle tante specie allevate e della relazione con le persone detenute che se ne prendono cura. Un percorso lungo e complesso quello di Marco, reso possibile grazie alla disponibilità della Direzione del carcere.
Pian piano viene concessa sempre più libertà di movimento agli animali, vengono rispettati i ritmi naturali e riproduttivi (monta naturale e allattamento alla mammella) e viene introdotta la medicina omeopatica. «L’isola ospita una grande varietà di specie (mucche, maiali, pecore, capre, volatili, cavalli, asini, api, cani e gatti) – ci racconta il veterinario – che vivono in un ambiente di spettacolare bellezza. La maggior parte di questi animali sono da reddito, cioè utilizzati per produrre cibo per l’uomo e, quindi, ricordiamolo, il loro destino finale è la macellazione. Gorgona è un piccolo laboratorio sperimentale di idee, azioni, progetti: per i detenuti lavorare immersi nella natura ha un valore enorme. Una realtà ben lontana dalle altre situazioni carcerarie italiane. Ecco perché i nostri prodotti, sia vegetali che animali, sono di ottima qualità. Ma ancora più importante è la dignità che viene garantita ai detenuti durante il percorso che fanno per riappropriarsi della propria vita e dove la relazione con gli animali non è solo basata sulla produzione». Può esistere un altro modo di trattare gli animali senza doverli uccidere alla fine di un percorso così utile che svolgono in un carcere? La soluzione non è semplice, ma in questa realtà sembra che ci stiano pensando. Infatti, è stata elaborata una “Carta dei diritti degli animali di Gorgona” che vuole proprio favorire una riflessione su questi temi. Ed è sull’onda di questa disponibilità che s’inserisce la storia di Gea.
E fu subito Gea
Lo scorso settembre la troupe di Geo&Geo, la nota trasmissione televisiva di Rai 3, era sull’isola per realizzare un documentario. Quella stessa notte una scrofa ha dato alla luce i suoi piccoli, inclusa Gea (ecco il perché del nome) che però si era ferita gravemente ad una zampa sotto il peso della madre.
In questi casi la soluzione più pratica, per chi considera gli animali solo in base al profitto, è quella di sbattergli la testa contro il muro e risolvere la faccenda. Per sua fortuna il veterinario era presente e ha proposto una soluzione alternativa: portarla fuori dall’isola e ricucire la zampa della bestiola. Così inizia l’avventura di Gea che tanto ci fa pensare al bellissimo film Babe, dove agli animali sono attribuiti sentimenti.
«Dopo averla ricucita, inizialmente Gea è stata affidata alle cure di Emily – racconta Marco – che l’ha allattata, medicata, coccolata. Dopo 40 giorni la ferita era guarita e Gea era uno spasso. Beveva latte di mucca dal biberon, dormiva in una casetta di cartone e familiarizzava con cani e gatti. Curiosa e intelligente, amava le passeggiate, dotata di pettorina e guinzaglio, ed era pure un’ottima lavoratrice. Come tutti i rappresentanti della sua specie, Gea lavorava di grugno per cercare radici e animaletti nel giardino di Emily arieggiando la terra e portando ossigeno nel terreno compattato e asfittico. Ed era perfetta per gli oliveti, soprattutto per eliminare olive bacate cadute a terra».
Purtroppo questa situazione, ideale per la piccola, non è durata molto perché la ragazza che l’aveva presa in cura è stata costretta a lasciare la casa dove abitava e di conseguenza a trovare una sistemazione a tutte quelle creature che per ovvi motivi non poteva portare con sé.
La storia di Gea e l’urgenza di trovarle casa inizia a girare su internet e, poiché è una porcella nata con la camicia, un’altra famiglia si offre di adottarla.
Ora Gea vive in provincia di Pisa, con Tundra e suo marito Gabriele, libera insieme a cani, cavalli, pecore e capre con la certezza che il suo destino sarà di vivere in pace senza lo spettro del macello.
«Ci sarebbero molte cose da dire e sulle quali riflettere, in seguito a quest’esperienza che era partita molto male – conclude Marco -. Un piccolo maiale ha smosso tali e tante energie quanta terra possono smuovere una famiglia di cinghiali in un bel pascolo! Sinceramente non immaginavo che così numerose persone rispondessero a quest’appello, specialmente in un momento di grande difficoltà materiale e spirituale. Siamo tutti interdipendenti e collegati da invisibili fili energetici che superano le distanze del mare, delle isole, dei monti, delle specie e ci collegano in un unico, grande, respiro vitale».
Per informazioni e per adottare altri animali: www.ondamica.it