Splendidi cavalli lanciati a tutta velocità, onore e gloria per il fantino e l’animale, applausi, scommesse e sguardi trepidanti dagli spalti. Se le corse ippiche fossero solo questo, non ci sarebbe nulla di male. Ma oltre il ‘glamour’ e l’agonismo esiste altro, come l’allenamento ferrato dei giovanissimi puledri prima di scendere in pista, e il problema della destinazione finale di un trottatore o un galppatore una volta appesa la sella al chiodo.
“I puledri vengono acquistati a soli 18 mesi per essere avviati alla doma e all’addestramento e poter debuttare in pista a soli due anni – sottolinea la Lega Anti Vivisezione (LAV) nel suo sito web -. L’American Association of Equine Practitioners giudica le corse dei cavalli di due anni, e soprattutto il periodo di allenamento che le precede, come una delle maggiori cause delle lesioni che riportano di frequente questi animali. Il 40 per cento di essi resta irrimediabilmente danneggiato durante la fase di training nell’età compresa tra i diciotto mesi e i due anni, mentre un altro 25-30 per cento si perde durante la stagione di corse tra i due e i tre anni”.
I cavalli scartati dalle corse ma “riutilizzabili” finiscono nei maneggi di piccoli centri o nelle piazze dei comuni dove si svolgono palii paesani, su strade asfaltate e senza controlli ufficiali. Oppure vengono impiegati da organizzazioni criminali che li usano nelle corse clandestine, ben più pericolose di quelle legali. “Purtroppo il grave problema è la tracciabilità del cavallo – spiega Nadia Zurlo, responsabile nazionale del settore equidi della LAV -, non tutti cloro che acquistano un cavallo si curano di effettuare subito il passaggio di proprietà, anche perché la legge glielo consente, e quindi è facile perdere le tracce dell’animale, che di cessione in cessione può anche finire nel giro delle corse clandestine mafiose”.
La questione ‘equina’ è balzata agli onori della cronaca in queste settimane a causa della crisi economica che sta mettendo in ginocchio più di un ippdromo. I templi delle scommesse e delle corse chiedono finanziamenti per risalire la china, e se la preoccupazione maggiore è per i lavoratori degli ippodromi, qualcuno teme che, chiudendo gli esercizi, si faciliti l’avvio al macello dei cavalli disoccupati, ma la responsabile del settore equidi per la LAV ha qualcosa da dire anche a questo proposito. Per saperne di più NanniMagazine.it ha rivolto alcune domande alla dottoressa Nadia Zurlo:
Da giorni si parla della crisi del settore ippico e delle corse clandestine, in realtà dietro la questione ippodromi, anche restando nella legalità, c’è un problema di macellazione degli animali, vuole spiegare in che senso?
“L’ippica è un’industria, e come tutte le industrie è interessata a fatturare e a produrre reddito. La sua materia prima non è un oggetto inanimato ma un essere senziente, il cui scopo è solo quello di correre e di essere competitivo. La carriera dei cavalli sportivi è breve, spesso vengono messi in pista giovani puledri di due anni, che ancora non hanno completato lo sviluppo, e comunque entro i 10 anni di età (o anche prima) vengono ritirati dall’attività, nel momento in cui i cavalli non sono più idonei a gareggiare. Naturalmente le scuderie non hanno alcun interesse a mantenere animali che non producono più reddito, quindi vengono venduti e veicolati ad altre attività di lavoro oppure, se sono destinati alla macellazione per alimentazione umana (destinazione DPA), finiscono nei mattatoi. Spesso, dopo il ritiro dalle corse e fino a quando il cavallo non esce (quale che sia la sua destinazione) dalla scuderia, si assiste all’odioso fenomeno di ‘parcheggio’ dell’equide nel box, improvvisamente privato del movimento fisico e di nutrizione adeguata. Durante le mie visite negli ippodromi è una delle cose che mi ha colpito di più. Ho visto cavalli lasciati in box anche per un mese intero, nutriti quel che bastava per non farli morire, con i proprietari impazienti di destinarlo altrove per far posto a un ‘nuovo’ cavallo. Sorrido quando apprendo dai giornali che, a causa della crisi del comparto ippico, c’è la possibilità che tanti cavalli finiscano al macello: in realtà questo è sempre accaduto”.
Quindi gli ippodromi hanno fatto leva sulla pietà che la gente può provare pensando a questi cavalli?
“Esatto, e presentando la situazione come se fosse diversa dal solito e dovuta solo alla attuale crisi del settore. In passato tanti cavalli che avevano terminato la carriera venivano destinati al macello senza tanti scrupoli. Oggi la questione è diversa, si tende a scegliere il mantenimento del cavallo, ma non certo per ragioni affettive o etiche”.
E allora per quale motivo?
“Per motivi di agevolazione nella somministrazione dei farmaci: per i cavalli DPA (quindi macellabili) c’è l’obbligo della registrazione dei farmaci e sugli stessi non possono essere somministrate numerose terapie e sostanze, mentre per i cavalli non DPA non vigono restrizioni in tal senso, visto che le loro carni non saranno consumate. Insomma, mandare un cavallo al macello implica una serie di vincoli, per questo motivo oggi molti proprietari di cavalli hanno scelto l’opzione non DPA. Tutto questo se si agisce nell’ambito di legalità, se poi qualcuno trova comunque il modo di macellare un cavallo dichiarato ‘non macellabile’ è un altro discorso”.
Non sembra vi sia una ferrea regolamentazione sui cavalli, eppure parte delle loro carni finisce sulla nostra tavola…
“Non nel mio piatto, visto che sono vegana. Anche se non mi occupo per la LAV di alimentazione, tengo a precisare che noi sosteniamo il veganismo e non ho alcuna intenzione di scoraggiare l’ippofagia con considerazioni sulla salubrità o meno di queste carni, come se le altre fossero consumabili senza problemi. Volendo comunque rispondere alla domanda, è indubbio che nelle macellerie non finiscono solo le carni di cavalli appositamente allevati per la macellazione, ma anche animali estranei a questa filiera, dichiarati macellabili dai loro proprietari (quindi anche ex cavalli da corsa, o di maneggi, o di privati) con tutti i rischi che ne conseguono se sugli stessi, a dispetto di quanto prevedono le norme, vengono somministrati farmaci vietati, per i quali non c’è periodo di sospensione”.
Per la legge italiana uccidere un cavallo sano è reato penale?
“Si, sopprimere l’animale tramite eutanasia o altro modo, crudelmente o meno, è un reato perseguibile penalmente ai sensi dell’articolo 544 bis del Codice Penale. L’unico “stato di necessità” che prevede la soppressione di un cavallo è lo stadio terminale di una malattia o l’agonia, non certo il semplice fatto di non poterlo più mantenere, tanto per riallacciarci al problema dei cavalli da corsa”.
A parte la macellazione o il mantenimento in vita in un box, quali altre soluzioni sono possibili per un cavallo da corsa a fine carriera?
“Ci sono giunte le più svariate proposte da parte di numerosi cittadini preoccupati per la sorte di questi animali, alcune proposte sono molto ‘creative’, come ad esempio l’ipotesi di sistemarli in un parco e mantenerli attraverso delle collette. Naturalmente questa proposta è impossibile da attuare, anche per una questione di costi di mantenimento che, per un numero così alto di animali, non potrebbe essere sostenuto solo con delle donazioni, posto che ci sia una possibilità di ricollocazione per tutti i cavalli. Forse molti proprietari cercheranno di venderli, soprattutto all’estero, altri li manderanno effettivamente al macello avendone la possibilità legale…ma vediamo quali saranno le decisioni del Governo sul tema”.
Indagini delle forze dell’ordine hanno rilevato passaggi di cavalli dalle corse legali a quelle illegali perché chiunque può acquistare un cavallo senza che via sia tracciabilità sui passaggi di proprietà, è così?
“Paradossalmente il cavallo dovrebbe essere il più ‘tracciabile’ di tutti gli animali, perché secondo il Regolamento di Polizia Veterinaria ogni spostamento fisico da un luogo a un altro deve essere regolarmente registrato attraverso la compilazione del Mod.4, da conservare con cura. Se ogni proprietario rispettasse tale regola non ci sarebbero problemi, ma non tutti lo fanno. Stessa cosa per la vendita o la cessione di un cavallo, se il nuovo proprietario non effettua il passaggio di proprietà, la tracciabilità si perde e da quel momento in poi non è più possibile risalire al cavallo né al proprietario ultimo, e non è escluso che questi animali, di cessione in cessione, finiscano nelle mani di gruppi mafiosi che organizzano corse clandestine, specialmente in Campania, Sicilia e Calabria”.
Come è possibile che tanti proprietari non siano tenuti a registrare il passaggio di proprietà dell’animale?
“Non è che non sono tenuti, il problema è che non c’è l’obbligo di farlo immediatamente. Poniamo ad esempio il caso di un cavallo da corsa, provvisto di passaporto dall’Unione per l’Incremento delle Razze Equine (U.n.i.r.e.), che viene venduto da una scuderia a un privato. Il titolare della scuderia firma la comunicazione di vendita compilando i suoi dati e autenticando la sua firma o presso una società di corsa o presso un notaio. Dopodiché invia il documento all’acquirente per mezzo van, insieme al cavallo. A quel punto l’acquirente dovrebbe perfezionare la vendita registrando il passaggio di proprietà. Come? Compilando la sua parte del documento, sempre con l’autentica della firma presso la società di corse o da un notaio. A quel punto la documentazione viene mandata all’U.n.i.r.e. che provvede a registrare il passaggio di proprietà. Purtroppo nulla obbliga a fare entro breve tempo questa procedura, quindi il nuovo proprietario può regolarizzarne la posizione anche dopo diversi anni dall’acquisto dell’animale, pagando cinque volte tanto il passaggio di proprietà (che ha un costo di 70 euro). Per cui un agente delle forze dell’ordine, pur notando la mancanza del passaggio di proprietà, potrà sempre supporre che il proprietario non l’abbia ancora fatta, visti i tempi lunghissimi entro i quali può decidersi a compierla. Addirittura, dallo scorso 3 gennaio 2012, l’U.n.i.r.e. permette che un proprietario dichiari il non possesso di un cavallo che gli è appartenuto cancellandolo dal Libro Genealogico. E così, ufficialmente, quel cavallo non esiste più. Lo trovo semplicemente assurdo”.
Tornando agli ippodromi, la Lav auspica la chiusura definitiva di questi esercizi?
“Certamente. Anche perché, cessando questo tipo di realtà agonistica, non si avrebbero più cavalli appositamente allevati per le gare, e soprattutto le associazioni mafiose che impiegano questi animali per le corse clandestine non troverebbero più ‘materia prima’ negli ippodromi, nella speranza che vengano debellati anche gli allevamenti clandestini di cavalli che ci sono nel Sud”.
MATERIALE
– Rapporto Zoomafia 2001(pdf)
LINK
– Lega Anti Vivisezione (LAV)
– U.n.i.r.e.